mercoledì 15 novembre 2017

Nei varchi del bianco



Lecce, domenica 12 novembre 2017
Ai Cantieri Teatrali Koreja, per FRAME*

Emanuela Pisicchio in FRAME la foto è di Alessandro Serra

Lei, in rosso, graffia il muro. Forse, solo questo ci resta: graffiare i muri, in questa deriva del Tempo, in una Storia, la nostra, ormai ostaggio della disillusione.
Il realismo nella pittura di Edward Hopper celebrando nella luce il quotidiano ci ha mostrato la malinconia, la solitudine, il silenzio, il bilico di un Mondo incapace di dare forma all’attesa.
Lui, ribelle e cortese, come l’Arlecchino che compare in “Frame”, ci sollecita a dissentire, ad avere coraggio, a trovare la distanza nello sguardo per superarla, per tentare un’altra via.
Non è monito l’arte?
Credo sì, è in quel monito, nello scorgerlo sotteso all’opera, che personalmente cresco la passione d’essere spettatore, pubblico, nel portarmi a casa l’esperienza della condivisione di uno spettacolo.

C’è da sentirsi confortati ogni volta che il teatro è nella necessità di interrogarsi, di confrontarsi con il pubblico oltre la parola; di star solo, con il gesto e con il corpo dell’attore in scena, solo, preso nel fare e disfare, preso a seminare segni, minute significazioni, sospensioni, attimi, desideri, pudore.
Guardando lo spettacolo di Koreja con la regia di Alessandro Serra, ho pensato ad uno spettacolo dei primi anni Ottanta “Lo spazio della quiete” del Teatro della Valdoca, anche quello un lavoro ispirato dalla pittura, ma, in “Frame”, la quiete è cosa lontana e anche il silenzio è pieno di rumore, come l’animo degli attori-personaggi che, evocati dalla pittura del maestro americano, si materializzano di frame in frame, in un bianco quadrato di scena che svela varchi inaspettati.
Cosa c’è meglio della pittura per sollecitare la tensione contemplativa, per lasciare lo spettatore solo - anche lui - al cospetto dell’opera?
Ecco, ci ritroviamo: ci siamo noi nei passetti degli attori, noi persone, noi gente. Nella nudità, nelle attese, nella paura, nell’inquietudine e nell’impossibilità del contatto. L’andare e il tornare e ancora l’andare nel dettato del Tempo fino al limite del baratro.
Nell’America di Hopper c’è tutto ciò che siamo, ciò che siamo voluti diventare e ciò che maledettamente pervade ogni istante di una Storia incapace di tessere storie.

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*In scena Francesco Cortese, Riccardo Lanzarone, Maria Rosaria Ponzetta, Emanuela Pisicchio, Giuseppe Semeraro. La regia, le scene, i costumi e le luci sono di Alessandro Serra.
La realizzazione scene è di Mario Daniele. La produzione dello spettacolo è di Koreja.

Mauro Marino