martedì 31 luglio 2012

Delle volte il tempo

Domani nelle campagne di Martano sono invitato alla lettura di un libro di rara intensità e dannazione. Delle volte il vento, il titolo, Kurumuny lo riporta ai lettori, dopo una prima edizione da Vallecchi  nel 1996. All'epoca era quasi un istant book. Da poco infatti le nostre coste erano state approdo delle fughe albanesi e Milena Magnani, da “straniera” (lei è bolognese – ma sempre il sociologo è straniero) si cala in panni salentini e guarda. Si mette in ascolto e scrive una storia che è un mistero... Uno spiaggiamento, più che un approdo, un arrivo che non vuol esser tale logorato dall'indeterminato di una nostalgia che non sa cosa sperare... In passato Lume (la protagonista del romanzo) aveva sperato  poi, la ferita, la prigione e un interrogativo rimasto aperto: “Il comunismo, cos’è? Cos’era?”. Noi stregati come Carmela (l’altra del romanzo) siamo con Lume... a chiederci se abbiamo mai cercato, osato, sperato...

mercoledì 25 luglio 2012

Admir Shkurtaj - Il riformatore albanese




La prima volta che l'ho visto su un palco fu molti anni fa, primi anni Novanta, quando i Ghetonìa di Roberto Licci e Salvatore Cotardo avviarono la "rivoluzione"... Admir Shkurtaj era da poco giunto in Italia, in Puglia, con la prima Albania che tornava ad abitare nel Salento approfittando e favorendo i capovolgimenti del Mondo. Pochi ricordano, presi a far "storia" con gli scampoli delle cronache, ma molte cose iniziarono, anzi ri-iniziarono, con la testardagine dei "calimeresi" che, presi dal desiderio greco dell'andare avanti rimanendo affezionati al sè (che non è sempre e solo la Radice) da buoni esecutori e ascoltatori di suoni si misero a far sintesi, ed ecco, che vennero le prime innovazioni sulla scena della musica popolare di casa nostra: un albanese attrezzato di fisarmonica e una donna messa in front-line (magari con giubottino di pelle rossa, era Emilia Ottaviano) non a decoro coristico e a supporto della voce dellu masculazzu... et voilà la strada era aperta e via...
Insomma, la chiave, la sostanza, a mio modesto avviso, è in quel giovanotto ombroso e taciturno che aprì alla contaminazione, anzi no, meglio: ad un sentire comune che faceva spazio alla sensibilità dello "straniero" per far musica.
Nei Ghethonìa del tempo c'era già il sassofono del su citato Cotardo che appena poteva svisava in morbidezza nell'incanto di "fughe" che, alle parole, prestavano il paesaggio, lo sfondo, l'inquietuzine del jazz. Materia aperta quel far musica capace di sintesi, una formazione colta che, sull'onda lunga del la ricerca folklorica era pronta ad accompagnare il Salento verso il valico di fine Novecento.
Molto era stato compiuto e tanto sarebbe accaduto... Di quel tanto... molto è dovuto a Admir Shkurtaj...
Un gusto musicale, quello della sua terra d’origine fatto, di aperture corali, di scelte ritmiche, tonali e armoniche che molto concedono alla danza, alla coralità ma con Admir giunge in Salento anche l'impronta di una  cultura musicale capace di alta formalizzazione. Quella elaborata "paraticando" il rigore dei Conservatori Musicali d'oltreadriatico... lì non era uno scherzo studiare, fare arte. Disciplina e osservanza ci volevano, per servire il popolo ma anche per far rifugio al sentire dissidente. Non è sempre stata l'arte la prima ad agire il cambiamento? Lo sapevano anche loro nei Conservatori e nelle Accademie d'Albania studiando, studiando si prparavano... Lo sapeva Admir Shkurtaj che con quel groviglio di cognome (che prima d'impararlo a scriverlo...) partì e fu per noi un dono.
Adesso dopo tante esperienze lui - "talea" che ha fatto impianto - matura "Mesimér" un solo al pianoforte, accolto e prodotto da Anima Mundi (e da chi altri se no?). "Il mio primo amore per la composizione è stato Béla Bartók. - racconta Admir - Se nati e cresciuti in Albania è impossibile non essere legati alla tradizione musicale, a una così ricca tradizione. Abbiamo sempre visto l'infinito nella tradizione. Per quanto cerco di staccarmene e di incoraggiare altre forme di “amore per il suono”, lei appare sempre. Si mimetizza persino nello stridolio della porta arrugginita, nelle gocce d'acqua sulle superfici metalliche, nella somma del vociferare nelle strade. Si possono però intraprendere percorsi dai punti sparsi della propria esistenza. La materia te lo permette. Bisogna solo aprire le orecchie! Le proprie e di chi ascolta".
Non ho ancora sentito il disco mi affido delle note che lo accompagnano e con voi leggo: "Admir Shkurtaj, strumentista e compositore, vive il Salento ormai da vent'anni, tanto da conoscerne profondamente la cultura e da poterla percorrere nei rivoli più sotterranei. Come fa qui attraverso i temi di musica popolare che smonta e ricostruisce suono su suono, con la sua poetica centrata sul “gesto”, sulla “fluidità” del pensiero musicale e sulla “sceneggiatura sonora”. Le semplici melodie assumono di colpo sembianze insospettate, in un viavai continuo di travestimenti e rivelazioni".

giovedì 19 luglio 2012

"Tutti i sogni sono uno" di Alf

Alf è Cristoforo Micheli. Voce densa, piena di malìe e di umori, a tener tutto unito una "leggerezza" naturale, un'attitudine all'ironia che non ho mai sentito scadere nel gratuito sarcasmo. Nel giudizio. Alf è libero, frontale, un poeta, anzi, un aedo che accoglie parole per cantarle, per farle messaggio, freccia.
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Adesso Alf - che abbiamo visto comiziare nell'introdurre i concerti di Opa Cupa - con la complicità di molti sodali del Livello Undiciottavi, si presenta con un bellissimo lavoro: "Tutti i sogni sono uno" disco in cui  dice, cantando, versi di Giuseppe Semeraro e, in un brano, di Maksim Cristan.
Già bellissimo! Non lo scrivo per compiacere nessuno, non ce n'è bisogno, non serve... Un lavoro che, come nello stile autoriale proprio della cricca di Cesare Dell'Anna, accarezza l'avanguardia, anzi le avanguardie stilistiche, traversando generi e sapienze musicali per dar conto ad un suono originale nelle tante aperture d'ascolto che propone.
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Il Salento, in questo ultimo "giro di banda", racconta di urgenze autoriali che, sul versante delle parole sanamente anarchiche, mostra grandi vocazioni.
Le urgenze istrioniche e condottiere di Cristoforo Micheli certo meritavano la messa a punto, l'ordine di un disco.
E che disco!
Che cura nel booklet firmato da un sempre eccellente - nello sfornar visioni - Marcello Moscara. Verde intenso il colore che domina: verzure accolte nel buio, una penombra nordica, notturna ... Come notturno è il suono che le undici tracce propongono .
Il cuore della confezione è una collezione di fotografie che racconta una storia, quella dell'Albania Hotel, luogo-progetto che - dagli anni Novanta - ha accolto e ancora accoglie una complessa ensemble di persone e soprattutto di personalità.
Il genio creativo abita nel singolo, lo rende autonomo, indipendente, spesso distante preso da misantropie che, però, dentro la consonanza son capaci di farsi virtù: clamore comunicativo... Così è per la musica... e per tutto ciò che intorno ad essa si muove.
La musica - il suonare insieme, il concertarsi - è materia dove l'oltre - l'osare di ognuno - si tocca, fa insieme.
Dall'uno nel ribalzo con l'altro  sale, monta, va al picco la vertigine. Mai cade... e lo sguardo si fa legame nell'astrazione di mani-strumento che muovono il crescere, lo fanno suono.
Qui, è la canzone, l'urgenza delle parole,  il motivo dell'incontro,  perchè "Forse le stelle sono altrove e le cose che stai cercando son dall'altra parte del muro... Tutti i sogni sono uno, tutti i sogni diventano uno".
Questo disco è forse un sogno, quell'uno realizzato dentro un tempo trascorso nel "pomeriggio degli ulivi", dove tutto si rigenera accogliendo i rumori delle tempeste che de-cantano il ri-torno (morso) dei pensieri. Le rabbie e le gioie... lo “sputare del cuore” per esercitarsi alla passione.
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Un disco che come ogni buon prodotto cresce con l'ascolto, mai ostile chiama e richiama e si fa cantare...
A suonare con Alf-Cristofaro Micheli ci sono Cesare Dell'Anna, Raffaele Casarano, Marco Bardoscia, Davide Arena, Dario Congedo, Luigi Bruno, Marcello Zappatore, Rocco Nigro, Andrea Doremi, Satefano Valenzano, Irene Lungo, Ekland Hasa, Marco Schnable, Andrea "Pupillo" De Rocco, Antonio De Luca.

mercoledì 18 luglio 2012

Un altro mare

Ancora un incontro... Domenica passeggiando sulla spiaggia da Frigole verso Torre Veneri ho trovato la carcassa di un delfino. Pensavo fosse un legno guardandolo da lontano. Un legno contorto e secco, di quelli che fanno bello quel litorale, spesso giganteschi, spiaggiati, arrivati chissà da dove. . .Invece no. Grande circa un metro e mezzo, in gran parte scarnificato e rinsecchito, quello mostrava l'incredibile architettura della spinatura del dorso. Nella domenica precedente avevo incontratoi resti  di una tartaruga. Che pena vedere la meraviglia consumata dalla morte. Questo che viviamo è un altro mare. Una mare in trasformazione un mare che non fa più sorridere a scrutarlo che non ti fa più inseguire in spensieratezza la linea dell'orizonte. E' un mare denso di pensamenti di lutti. Di paure. E la sua natura è la prima ad essere sconfitta avvelenata, rotta da una idiozia che non ha pause.

venerdì 13 luglio 2012

Territorio

“Quando si è iniziato a parlare di territorio? Quando la provincia ha cominciato a prender corpo come “Salento”? - Quello che conosciamo, quello dell’identità strattonata e usurata, quello della pizzica e dell’enogastronomico per forza e dovunque, quello del marketing territoriale che fa la pezza o la coperta - .Quando la parola territorio ha cominciato a circolare e a pervadere il linguaggio politico, culturale, gionalistico...?” Questa la domanda. Il sociologo indaga, guarda dritto negli occhi... Lui sa che c’è un sovrappiù di senso e di significato nell’uso e nell’abuso e la parola territorio è così carica che non significa più niente... Penso e, non so perchè, vado indietro nel tempo. Anni Ottanta. Ricordo una mattina, un blitz della polizia in un appartamento, dentro c’erano i Cutoliani, pezzi grossi della Camorra. Qualcuno aveva parlato. Quel giorno “nasceva” la SCU e... il territorio (?).

mercoledì 11 luglio 2012

Albergo diffuso

Il sindaco di Nardò, per risolvere il sì e no sulla questione Boncuri, ha lanciato l’idea: facciamo l’albergo diffuso per ospitare i migranti. Il campeggio sarebbe meglio caro sindaco. Un bel camping accontenterebbe tutti, ognuno con la sua tendina, la sdraio pronta, le docce e i wc comuni, il bar alla sera per una birretta dopo il lavoro, un piacere... che, uno, ci ritorna appena può a raccogliere angurie, altro che riduzione in schiavitù! Forse Marcello Risi immagina altro, un luogo meno ameno e più comunitario? L’albergo diffuso è fatto da una rete di accoglienza  che si organizza in un territorio per far godere al turista l’essenza intima del luogo che lo ospita. Non è ne la mezza pensione, ne il b&b, è qualcosa di più. E’ stare con le persone, condividere il desco e il dormire, stare nella normalità. Un modo che potremmo chiamare anche integrazione. Ma forse è meglio di no!

giovedì 5 luglio 2012

Meglio esser vecchi!

Lecce non ce l’ha fatta: non sarà Capitale Europea dei Giovani 2015. La proposta fatta non convince e non si passa alla fase finale. Era un risultato scontato? Penso sì! Tante volte s’è scritto tentando di trovare le parole giuste per frenare gli ardori e far capire che non bastano le formule magiche (ad averle) per attivare politiche virtuose capaci di smuovere l’acqua stagna e fare luccicanze capaci d’attirare l’attenzione di chi poi deciderà i destini e le etichettature ad uso e consumo della promozione territoriale. Non è facile ambire, specie poi se le ambizioni devono ogni giorno fare i conti con la realtà, che in questo caso ahinoi, a parte alcune sparate, poco ha a che fare con le politiche per e con i giovani. Quelli che, a dir la verità, si son stancati d’essere considerati una categoria “protetta” solo da far divertire e divagare. Servirebbe altro, già! Servirebbe altro...

mercoledì 4 luglio 2012

Jolanda a Casa Comi

Non ce ne voglia Jolanda, l'apprezziamo da sempre per la gentilezza e per le cose del cucinato, che fan tenerezza perchè ancora tenute in un "antico" che è da preservare com'è, da preservare, la memoria di un luogo che è stanco d'essere solo ricordo: l'Accademia Salentina è la pietra da cui il Salento è partito all'arrembaggio della Storia. Da lì nasce la nostra contemporaneità: l'idea di una Terra capace di incubare e di accogliere il pensiero e il fare creativo. Questa è stata l'utopia di Girolamo Comi, la concreta tessitura de L'Albero. Nelle stanze di Lucugnano e sulle pagine di quella rivista l'incontro è divenuto il carburante di un lento nascere che ha visto, sul finire del Secolo scorso, la piena età. Ahimè, durata poco, se è vero com'è vero, che quel Tempo s'è voluto straniarlo nell'immagine di un Salento a-culturale, dove cultura è tutto e niente e le sapienze sono da stemperare come la pastella delle pittule per friggerle e per far sì che riempiano solo la panza... Come si fa ad essere indifferenti a questa verità?

martedì 3 luglio 2012

Lo sguardo e l'arte

Una nuova leva di sguardo trova spazio, e si afferma. Per quanto tempo questo territorio ha sofferto per l'endemica mancanza di critica d'arte? Finalmente l'incanto del soldo s'è rotto e, quanto maturato nell'ultima piega di tempo, porta in dono una militanza che (per chi lo sa e anche per chi non lo sa) fa tesoro del Fate Fogli di Poesia Poeti di Antonio L. Verri. Lì era scritta la rottura con l'accademismo e con la delega al poter dire... Stucchevole, per molti versi, quello che la scrittura critica e la "curatela" salentina hanno prodotto in ambito artistico per tanto, troppo tempo. Adesso il campo è “libero” e, salvo alcune ostinazioni istituzionali, che poco dicono ai movimenti in atto, la terra si muove. Andate alla E-Lite se vi capita, a vedere le tessiture pittate messe su da Lorenzo Madaro. Oppure bussate alla porta di Koreja e chiedete il catalogo di "Senso plurimo" che ha la regia di Marinilde Gianndrea. Poi, non guasta andare a spiare a Palazzo Vernazza dove Sm-Art Lab dialoga con Art and Ars per metter su la mostra di un illustre straniero-salentino. E poi ci sarà Sambati a Lequile... e poi...

lunedì 2 luglio 2012

"Dove cercare?" "Nella piega...". Così mi diceva se chiedevo. E mai risposta fu più saggia per formare l'attenzione. Guardiamo ma poche volte capiamo che ciò che vediamo è illusione. Non è verità. Se mai verità può esistere. Il luccicare pervade fa occupazione d'occhi e ciò che brilla attrae. Meglio ridere. Meglio bearsi nella superficialità che cadere. Meglio la pista d'un lancio verso l'infinito che provare la caduta: meglio meglio meglio. Così detta la consuetudine... Monotona senza mai determinare un accapo... Ah! La vertigine! Ieri sussurrava oggi urla. Ieri chiedeva sempre permesso, oggi se vuole qualcosa se lo prende. Ieri rifiutava oggi cosa bella, ogni dono... Oggi finalmente prende tutto, lo vuole e non ha paura di sempre eccedere. La vita è così gioca sul bilico. Beato che quel bilico ogni giorno lo sperimeta senza paura d'andare a capo, di provare la vertigine, la caduta, la ferita!